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Channel: IL MONDO SIMBOLICO - cronache dalla nostra realtà
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IL DATAGATE, LA TERRA DELLA LIBERTA' E LE CONCORDANZE CICLICHE TRA USA ED URSS

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Cronache dall’impero morente (gli USA)  che si scopre un enorme grande fratello.

Per la verità le notizie che stanno uscendo, l’oramai famoso scandalo DATAGATE (intercettazioni del governo fatte su giornalisti e comuni cittadini) non sono chissà che rivelazione, sotto sotto tutti sappiamo che il governo ci spia fregandosene della privacy, ma è sempre diverso divenirne consapevoli e vederlo gridato ai quattro venti e soprattutto scoprire che struttura elefantiaca, che impegno ed organizzazione c’è dietro gli apparati che ci spiano e controllano.

Per diversi giorni non mi sono interessato molto a queste notizie, o meglio le vedevo come interessanti e in un certo qual modo destabilizzanti (soprattutto per l’amministrazione Obama), ma tutto sommato, tra lo scandalo Guantanamo, le foto di soldati americani in Iraq che torturano i prigionieri, la farsa delle armi di distruzioni di massa, la scandalosa devastazione di New Orleans del 2005, la crisi economica partita proprio da loro, gli Usa negli ultimi anni sono sempre usciti vivi e vegeti dai vari piccoli traumi, nonostante l’immagine, il senso di invincibilità e la leadership mondiale sono stati compromessi per sempre.

Il teatrino che si sta imbastendo nei media attualmente sta avendo un così forte eco ed attenzione (giusto un po’ calata dopo l’exploit di fine maggio-inizio giugno), tale da poter definire il DATAGATE non la tipica notizia sparata per uno o due giorni e poi sepolta dall’infinito rumore di altre notizie. Una notizia può essere semi-risaputa ma ha effetto solamente quando entra nel mainstream e questa notizia (che fa il paio con altre notizie meno conosciute all’estero, tipo uno scandalo che riguarda l’IRS, l’ente della tassazione americano) è appunto entrata nel mainstream, quindi è chiaro che vogliono provocare un effetto dirompente sulla realtà di quella nazione. Il governo americano si difende come può, possiamo vedere infatti, che rispetto al passato, non cerca di giustificarsi o difendersi, anzi dichiara che queste misure sono necessarie per vivere in una nazione sicura. Da una parte questo atteggiamento serve per mostrarsi forti e sicuri di sé e dall’altra serve a far accettare queste misure draconiane ai cittadini. Da un punto di vista più ampio, mostra un impero giunto alla sua fase di declino che è quella dove ciclicamente ogni impero si difende e si chiude in se stesso, diventa più aggressivo e cerca di conservare il suo potere ed i suoi privilegi. Nessuna azione innovativa od espansiva. Alla vitalità primigenia del principio, l’impero nei suoi atti finali sostituisce la paranoia, gli intrighi, la violenza (i vari conflitti che gli USA creano nel mondo o le varie stragi all’interno degli stessi confini statunitensi, provocate dal massiccio utilizzo di armi).

Il quotidiano Washington Post ha aperto un sondaggio se sia giusto per motivi di sicurezza nazionale spiare i propri cittadini; più del 50% si è dichiarato favorevole. Come la maggior parte dei sondaggi, anche quello del Washington Post è inutile, rivolgendosi a lettori per lo più pro-estabilishment (comunque più del 40% degli intervistati si è dichiarato contrario a questa condotta). Rimane un segnale importante della terminata parentesi simbolica USA-terra della libertà.
Edward Snowden è il nuovo Julian Assange.
Grazie a questo personaggio sono uscite fuori
le informazioni sul DATAGATE ed ora si
trova nascosto ad Hong Kong con la
paura di essere estradato (vi ricorda qualcosa?).
Ciclicamente stiamo rivivendo un nuovo riflusso storico
che sta ripetendendo la stagione rivoluzionaria 2010-2011.
Abbiamo già il nuovo Assange, abbiamo la Turchia
che è il nuovo Egitto ed ora anche il Brasile.
Questa volta però le proteste sono e saranno
meno idealiste e più pratiche.
Prepariamoci all'impossibile!


Già si parla di “Orwell aveva ragione”, “il grande fratello esiste”, insomma è chiaro a che livello percettivo si vuole far arrivare questa notizia (soprattutto al di fuori dei confini statunitensi per ora).

Nella percezione della coscienza collettiva si crea la consapevolezza che il governo spia ogni tua mossa e che “il grande fratello di Orwell” tutto sommato non è un racconto di fantascienza. Non è assolutamente poco. Così in un giugno che sembrava dovesse passare in sordina, in punta di piedi, mentre ci prepariamo mentalmente all’estate e feroci proteste si svolgono ad Istanbul, ponte simbolico tra Europa ed Asia ed ultimamente anche in Brasile, entra in campo questa bomba mediatica, i cui effetti ora sono difficilmente prevedibili, l’unica cosa certa (visto che lo scandalo dura da maggio) è che non si sta facendo sgonfiare l’informazione. Obama si trova in cattive acque e molti pecoroni si stanno facendo molte domande, ma questa notizia non destabilizzerà fortemente il governo degli USA nell’immediato, certamente ne distruggerà uno dei suoi archetipi fondamentali.

Se perfino Attivissimo scrive un articolo dove accusa la NSA di spiarci tutti e che oramai nessuno è più al sicuro, allora ti rendi conto che la “fine del mondo” è davvero vicina e che l’universo si sta ribaltando. Ironia a parte, questo scandalo, tenendo conto anche diversi cicli storici, a mio parere è la miccia che farà saltare l’impero americano. Se la miccia scoppierà quest’anno, il prossimo o al massimo nel 2015-2016, questo non si può sapere.  

Prima che ci sia il crollo definitivo di un impero, c’è bisogno sempre di un evento traumatico, che mette in discussione definitiva la sua esistenza e questo evento delle intercettazioni (anche se in maniera molto germinale) ha alcune caratteristiche del genere, diciamo potrebbe rivelarsi una specie di effetto domino in cui il primo pezzo fa cadere tutti gli altri.

Lo scandalo delle intercettazioni distrugge definitivamente ciò che nella coscienza collettiva ancora, pur se dormiente, è presente: gli Usa come terra della libertà. Persino i più critici verso gli Stati Uniti, specie verso la sua politica estera da sempre guerrafondaia, hanno sempre ammesso che il suo successo è dovuto agli alti ideali che quella nazione dice di possedere ed anche ad un concetto di libertà e della sua applicazione all’interno del suo territorio, che rendono questa nazione così particolare, l’unica in cui lo STATO è visto come un male necessario che non deve intromettersi nella vita dei cittadini, dove esiste il mito del self made man, dove la proprietà privata è la cosa più preziosa che esista.
Il motto degli Stati Uniti d'America


Nell’ideale originario, gli USA erano un insieme di stati confederati, ognuno dei quali aveva le proprie leggi, con un governo centrale che serviva giusto come moderatore, un ideale simile alla struttura attuale del web. In più un sistema di leggi semplice ed intuitivo, lontano dal nostro sistema legislativo burocratico che è un vero labirinto fatto di centinaia di migliaia di leggi. Poco importa se in realtà gli Stati Uniti erano il contrario di quello che professavano e se per un periodo abbastanza lungo sono stati la nazione più razzista del pianeta. Per milioni di persone l’America fu davvero l’incarnarsi di una terra lontana anni luce dai latifondismi e dalla mentalità monarchica e feudale europea, per milioni di persone l’America realizzava le sue promesse. Già il fatto, pur nelle sue mille contraddizioni e difetti, di farsi portatore di questi ideali, la rendeva una nazione speciale che indirettamente in maniera benevola influenzava il mondo, almeno prima della sua politica interventista ed imperiale partita dopo la seconda guerra mondiale.

Gli Usa da sempre nell’immaginario mondiale, sono stati visti come il baluardo della libertà, con una delle costituzioni più nobili e libere del mondo; una costituzione nata nel 1776, prima della dichiarazione dei diritti universali della Rivoluzione Francese, che non a caso è stata ispirata idealmente dalla rivoluzione americana. Gli Stati Uniti sono nati incarnando il concetto di nuova frontiera, di libertà, terra che accoglie i derelitti, i più poveri, i rinnegati, per dargli una nuova possibilità, per fargli realizzare il “sogno americano” ed in effetti almeno fino agli anni 20 del precedente secolo (prima del famoso crollo di Wall Steet del ‘29 e della Grande Depressione degli anni ‘30), gli Usa oltre ad incarnare questi archetipi, spesso li davvero metteva in opera. Capita a molti italiani (specie del sud), di avere lo zio ricco d’America, che si è realizzato lì, portandosi letteralmente due lire ed un piccolo bagaglio nel suo viaggio verso la terra della speranza, l’America. Le stesse storie dei pionieri che raggiungevano la frontiera, il west, per accaparrarsi nuove terre in totale libertà (e questo poteva farlo anche un povero se aveva un calesse e tanta volontà). La musica, la tecnologia, i suoi enormi grattacieli, tutto ciò che era americano era sinonimo di libertà, modernità, trasgressione.

Se fino ai ruggenti anni 20 parlare dell’America significava parlare di un sogno, di una meta verso un mondo migliore, una specie di Atlantide, un Eldorado lontano e misterioso, dopo la seconda guerra mondiale, gli Usa sono entrati nella storia, nella realtà del mondo. Rafforzata la loro leadership mondiale e divenuti il simbolo della liberazione dal nazi-fascismo, non sono più diventati una meta irrangiugibile, ma uno stile di vita, una moda da seguire. “Tu vuò fa l’americano” cantava Renato Carosone negli anni 50 o Alberto Sordi che nel film “un americano a Roma” imitava gli americani, trattando con sufficienza quelli “troppo italiani”.

La famosa scena della mangiata di maccheroni, con un Alberto Sordi che tenta di mangiare americano, ma alla fine cede al richiamo delle sue origini. In questo senso dagli anni 50, pur se l’amore e la mitizzazione dell’America continua, essa diviene molto più consapevole, grazie anche alla controparte comunista, che dopo la seconda guerra mondiale si spargerà a macchia d’olio per tutta Italia e nel resto d’occidente, servendo da un certo punto di vista, come barriera contro l’americanizzazione totale della società italiana ed europea che si comincerà a realizzare solamente a partire dagli anni 80/90.



La storia ha molta ironia e se in un certo senso l’uccisione di Kennedy e la guerra in Vietnam tolsero agli americani l’innocenza mostrandoceli in un’ottica più umana, fragile e meno perfetta, il cinema ha portato nel mito le tragedie statunitensi (Vietnam in primis) grazie a tantissimi film che testimoniavano questo enorme trauma Yankee e a differenza degli imperi passati, l’impero americano non ha mai nascosto le schifezze compiute in guerra, (in questo caso il Vietnam), ha saputo auto giudicarsi ed  auto accusarsi di quel conflitto inutile, così anche per quanto riguarda il genocidio del popolo indiano, con diversi film, a partire dagli anni 70, incui i cattivi non erano più gli indiani, ma i cowboy. Questo ha sorpreso molto il mondo ed ha permesso il sopravvivere del mito americano anche negli anni 70 ed 80. Come già detto gli Usa avevano un’arma che l’URSS non possedevano, Hollywood, un sistema che riusciva a trasformare le nefandezze ed i crimini americani in mito. Una condotta non certo eccelsa, ma forse è l’unico impero della storia, così furbo da esaltarsi continuamente quale unico portatore sano di libertà e contemporaneamente non nascondere le nefandezze compiute in passato. La post-modernità non lo permette.

Il DATAGATE pone definitivamente fine all’associazione USA-terra della libertà. Nel passato non mancano esempi simili, ma erano ridotti ad una categoria (il maccartismo degli anni 50 contro i simpatizzanti verso il comunismo) o all’eccezionalità dell’evento (patriot act dopo l’11 settembre), entrambi però si rivolgevano ad una precisa categoria di persone. Venire a sapere che il proprio governo ha la stessa struttura di Echelon o di una spectre è cosa ben diversa, almeno simbolicamente gli eventi di queste ultime settimane sono un forte contraccolpo per la presa ideologica degli americani sul resto del mondo.

Per il resto fin’ora ci sono stati solo eventi che hanno indebolito la leadership mondiale e l’immagine degli USA ed hanno favorito l’ascesa dell’Oriente (11 settembre, crisi economica, impantanamento nelle guerre irachene ed afghane). Questi eventi li possiamo trovare anche nell’ultimo impero caduto, l’URSS. In quel caso l’evento traumatico che ha messo in discussione definitiva la sua esistenza è stato il crollo del muro di Berlino. Prima di questo evento storico, come è successo per gli USA, vi sono stati avvenimenti che hanno indebolito la sua leadership e la sua immagine, non certo la sua esistenza e vediamo come la caduta dell’URSS sia ciclicamente e specularmente legata a quella degli USA, sono Imperi gemelli ognuno con un compito preciso: il crollo dell’URSS ha avuto come compito quello di distruggere le ideologie, far espandere in tutto il mondo il relativismo liquido ed aprire alla fase di globalizzazione, con la creazione del villaggio globale; il crollo degli USA ha come scopo quello di distruggere il modello liberista e concorrenziale, il libero mercato e la società del debito e dei limiti energetici, ma soprattutto il concetto di potere tradizionale.

Prima di vedere alcune concordanze storiche che ci potranno far capire il destino dell’Occidente, c’è da premettere che gli USA non sono un impero qualunque e che il suo crollo non porterà ad un semplice cambio di potere e di geopolitica mondiale come fu con l’URSS. Gli USA hanno in mano l’immaginario ed il potere occidentale da mezzo secolo, anzi da un punto di vista di immaginario è già da un secolo che dura la sua influenza e a differenza dell’URSS che tutto sommato è stato un impero chiuso ed usato come spauracchio, gli USA si sono sempre espansi e sono stati il primo impero prettamente post-moderno.
Santa Claus e la Coca Cola, un binomio
invincibile ed il simbolo maggiore
dell'americanizzazione subita
dal pianeta


Gli USA hanno vinto la guerra fredda, perché a differenza dei sovietici, hanno quella componente post-moderna che un impero storico come l’URSS (ancora legato esclusivamente a concetti storici che per vincere una guerra ci fosse bisogno solo di risorse energetiche e forza militare) non aveva, ovvero il dominio della pop-culture, dell’immaginario culturale, il potere dei marchi, la coca-cola, l’uso massiccio dei mass-media. Gli USA hanno giocato tanto con l’immaginario comune, con la spettacolarizzazione della propria cultura, hanno completamente abbandonato l’approccio storico dei vecchi imperi nell’aumentare fidelizzazione e consenso. L’America aveva il rock’n roll, l’URSS aveva ideologie storiche ottocentesche. Con questi mezzi, come poteva un Impero, quello sovietico, ancora storico, nonostante la storia fosse finita già da un pezzo, pensare di sopravvivere? La sua esistenza tendeva a mostrare proprio questo paradosso e in un certo senso, a superare definitivamente le categorie storiche tradizionali. La morte degli USA sarà la morte dell’ultimo impero della storia, gli ultimi barlumi di un immaginario del potere che si è costruito dai Sumeri e che dura tutt’ora.

La morte dell’URSS in un certo senso è significato la morte dei partiti e della politica tradizionale, perché una volta che il comunismo storico è crollato (con crollo di immagine, anche se in tono minore, del socialismo), la componente più fortemente ideologica ed attivista della politica è scomparsa, non vi era più piacere nello scontro, più ragione di essere, le ideologie sono crollate trasformandosi in un pragmatismo tutto votato all’economizzazione di ogni ambito della realtà. L’Italia che è il paese che in queste cose anticipa il futuro, ha colto prima di tutti questi cambiamenti con il crollo dei partiti storici, l’ascesa di un partito mediatico ed imprenditoriale (Forza Italia), senza veri valori ideologici e come contraltare una sinistra senza più i suoi scopi originari e che paradossalmente apriva le braccia al libero mercato e all’ideologia liberista (questa trasformazione della sinistra è stata in realtà più o meno mondiale, tanto che tutti i partiti di sinistra occidentali, si sono trasformati in una versione del partito democratico dell’impero americano). Berlusconi è stata una vera manna dal cielo per la politica nazionale, che ha sempre bisogno di dualismi e scontri per sopravvivere, Berlusconi in questo senso ha tenuto in vita un gioco che altrimenti era destinato a morire (con la caduta della DC e del PCI) o a portare all’ascesa di realtà folkloristiche e tradizionali (i vari partiti regionali ed autoctoni o legati al territorio, vedasi Lega Nord).

Dopo il crollo dell’URSS, è arrivato alla fase finale quel processo di americanizzazione del mondo iniziato in maniera massiccia a partire dagli anni 50 del XX secolo. Con l’avvento della perestroika tutte le nazioni occidentali si sono trasformate in filiali dell’America. Sono cominciati a spuntare come funghi i fast food, i grandi centri commerciali, con un logico cambiamento anche nel rapporto tra produttore e consumatore (che nel passato era gestito da artigiani o piccoli produttori), si è cominciato ad osteggiare fortemente il comunismo, è cominciato il dominio del marketing, della finanza, della pubblicità in ogni parte (culturale e politica della nostra vita).
Ricordo ad esempio un cambiamento avvenuto nello sport, che mi faceva essere un po’ spaesato, non so se tutto ciò è iniziato ad inizio anni duemila o fine anni 90, comunque il campionato di calcio di serie A italiano cominciò a chiamarsi “campionato di calcio serie A Tim”, scritto in bell’evidenza nei campi da gioco e all’inizio di ogni trasmissione sportiva. Anche la famosa mobilità americana (non a caso scherzosamente si dice che gli yankee siano nomadi) si è trasferita alle nostre latitudini. Ad esempio nel lavoro, che nel primo decennio del terzo millennio rende obsoleto e fa quasi sparire nell’immaginario il concetto di posto di lavoro fisso. Questo nuovo concetto di mobilità ed abbattimento dei confini (non solo geografici) ha anche favorito maggiormente gli spostamenti; se andare in aereo soprattutto per noi italiani era qualcosa di raro fino agli anni 90 per tantissime persone, l’avvento delle compagnie low cost, progetti come l’Erasmus universitario, hanno favorito gli spostamenti in aereo e gli scambi tra diverse nazioni. Il concetto di mobilità ha dominato il primo decennio del XXI secolo che è, non a caso, il decennio di ascesa della tecnologia mobile (i-phone, android), dei cellulari trasformati in mini computer, oggetti non solo con cui comunicare, ma anche per collegarsi con il mondo circostante.


I Red Hot Chili Peppers, nel 1999, con il loro album più venduto (Californication), descrissero bene questa situazione che divenne oramai stabile e ben nota in quel periodo. Il nome “Californication”, nelle stesse parole della band, non era un riferimento tanto allo Stato americano in cui vivevano, ma alla californizzazione-americanizzazione del mondo. La Californiaè il luogo della fabbrica dei sogni Hollywoodiana, la maggior fabbrica di consenso e pubblicità fatta al governo americano nel mondo, quella con cui tutti siamo cresciuti sin da piccoli. Il cantante dei Red Hot, Anthony Kiedis, parlando del significato del termine Californication, quasi con orgoglio, affermava che oramai quando viaggiava nel mondo durante i tour con la sua band, non notava più tante differenze, tutto il mondo gli sembrava un’enorme California, con le stesse idee e stili di vita.

Gli Usa così divennero a partire dagli anni 90, un vero e proprio impero mondiale, la linea guida dell’occidente e quindi del mondo, perché qui non si fa un discorso Occidentocentrico, ma è chiaro che da secoli l’occidente domina l’immaginario mondiale, tanto che tutte le ideologie politiche e culturali più influenti, anche quelle presenti nei paesi asiatici (non parlo ahimé dell’Africa che è un continente trattato come magazzino e miniera di risorse) sono di derivazione occidentale, per questo la caduta degli USA non potrà essere equiparata a quella dell’URSS, che rimane pur sempre un prodotto del sistema ideologico occidentale.

L’URSS, lo abbiamo già detto, era un impero chiuso. Come gli americani ( e qui troviamo già la prima concordanza storico-ciclica), anch’esso incarnava un ideale utopico di realtà e parallelamente agli Stati Uniti, l’URSS rappresentò la speranza per milioni di persone nel nostro pianeta, la speranza che il capitalismo, lo sfruttamento dell’uomo su un altro uomo potesse finire. Nei suoi ideali utopici, il comunismo (di cui l’URSS si diceva il massimo rappresentante nel pianeta) teorizzava una società senza classi, paritaria, in cui vigesse un’uguaglianza assoluta ed in cui tutti avessero le stesse possibilità.

L’URSS però oltre ad un’influenza di tipo ideologico non poteva andare, certo aveva uno dei sistemi di spionaggio più avanzati nel mondo, un esercito potentissimo, pari a quello americano ed è stato importantissimo nella corsa allo spazio (anche se i risultati migliori sono stati collezionati dagli americani, vero o meno che sia l’allunaggio, nella coscienza comune gli americani sono atterrati ed hanno camminato sulla luna, non certo i sovietici) e c’è ancora una parte oscura della nostra storia italiana che non ha ancora svelato i legami di una parte della classe dirigente della nostra nazione con il kgb. Ma a differenza degli americani, i sovietici non avevano basi sparse in tutto il mondo, tali da influenzare le politiche di una nazione, dal Pacifico fino al Mediterraneo. In più l’appoggio di gran parte dell’Europa e soprattutto come già accennato, l’immaginario della pop-culture (cinema e musica in primis), le multinazionali con i suoi brand che superavano lo storico concetto di marca e cominciavano a veicolare non più solo un prodotto, ma uno stile di vita (la solita coca cola). La pubblicità già dagli anni 50 comincia a perdere la sua funzione utilitaristica. Gli Usa hanno in mano l’intero immaginario dell’Occidente, a cui inevitabilmente fa parte anche l’URSS (nonostante la sua parte asiatica). Gli americani avevano già vinto da un pezzo la guerra fredda, anzi erano stati da sempre i burattinai, coloro che decidevano le sorti del gioco. Si capisce quindi che un impero storico e fuori tempo massimo come l’URSS, non può avere la stessa importanza degli USA, che sono una delle maggiori propaggini ed incarnazioni degli ideali rivoluzionari del settecento e del concetto di libero mercato. Gli USA incarnano tutti gli ideali capitalisti e democratici che oramai da tantissimi secoli dominano la realtà .

<<Noi difendiamo la democrazia nel mondo, noi ESPORTIAMO democrazia, noi portiamo la libertà>>, sono gli slogan che accompagnano ogni azione belligerante degli Stati Uniti, si capisce quindi che questa nazione si vede la depositaria, la massima esponente della Democrazia e della libertà, tenendo in vita ancora lo stereotipo dei liberatori da dittature, nata a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. L’URSS per quanto importante è sempre stato un piccolo ostacolo, in un cammino già delineato da secoli e chiaro a molti storici, ovvero che gli Stati Uniti sarebbero stati l’ultimo impero occidentale, l’ultima propaggine di cultura occidentale, il sistema che avrebbe dominato la cultura e la politica mondiale. Specularmente a quello britannico, ma con ancora più potere, gli Usa sono un impero mondiale e non solamente regionale o continentale. Ho voluto sottolineare questi concetti per far capire ancor più in profondità come le assonanze tra URSS e USA sono di tipo ciclico e simbolico, ma per il resto la loro differenza di importanza e influenza é come quella tra il giorno e la notte.

La prima concordanza storica che vorrei approfondire tra USA e URSS è Chernobyl – Fukushima –Disastro golfo del Messico del 2010.

Nel mio articolo sui flussi e riflussi storici ho mostrato il forte legame sincronico e l’assonanza ciclica tra gli anni 1986-2011 (attacco alla Libia, catastrofe nucleare ecc.). Il disastro di Fukushima ha un forte legame con la tragedia di Chernobyl, che come vedremo, fu uno dei tanti eventi che accelerarono la caduta dell’URSS. Anche Fukushima nel futuro potrebbe essere visto in questa luce. Come si relaziona Fukushima ciclicamente al crollo dell’impero degli USA o meglio dell’Occidente?


Gli States sono il cuore dell’occidente ed il Giappone è la nazione economicamente e tecnologicamente più avanzata e benestante del mondo occidentale ed anche grazie agli USA (in funzione anti-comunista) ha potuto prosperare, risultando per un lungo periodo una vera e propria eccezione nel panorama geopolitico asiatico. Il Giappone, la prima potenza di razza non bianca a sconfiggere un impero bianco (quello russo dello zar nel 1905), alleato degli ariani nazisti, che ha subito il primo attacco nucleare della storia, uno dei simboli maggiori di progresso tecnologico “dell’occidente”. Come testimoniato anche da una battuta del film “ritorno al futuro”, a partire proprio dagli anni 70-80, le multinazionali giapponesi invasero il mercato statunitense ed europeo, destando preoccupazione (specularmente a come noi oggi vediamo la Cina che invade i mercati occidentali e che incarna ancor più di altri stati, il capitalismo portato ai suoi eccessi e difetti, così come il Giappone ne incarnava gli aspetti riguardanti la tecnologizzazione totale della realtà). Le multinazionali giapponesi in ambito tecnologico sono divenute praticamente imbattibili per diversi decenni (ed in parte lo sono ancora), creando una vera e propria guerra di mercato tra multinazionali nipponiche ed americane (ne sappiamo qualcosa anche noi italiani per quanto riguarda l'influenza dei cartoni animati giapponesi con tutto il suo carico di nuovi valori, a partire da fine anni settanta, anni ottanta). Questa contrapposizione tra Usa e Giappone é speculare a quella attuale tra Cina ed Usa, nemici/amici che hanno bisogno fortemente dell’esistenza l’un dell’altro. Anche l’URSS (in maniera maggiormente storica), specularmente agli USA, oltre ad una forte conflittualità passata con il Giappone, entrò in forte crisi con la Cina durante la guerra fredda a partire dagli anni sessanta. La famosa crisi sino-sovietica, fu una forte contrapposizione tra i due maggiori e più influenti Stati del blocco socialista nel mondo, una rottura che si stava avendo già da diverso tempo nel comunismo internazionale.

Chernobyl pose l’opinione pubblica mondiale davanti al problema della pericolosità dell’energia nucleare, un problema che fino all’ora era stato sottovalutato ed aveva davvero pochissimi oppositori. Questa situazione in Italia portò al famoso referendum del 1987 che fece chiudere le centrali nucleari presenti nel nostro territorio e cessare l’utilizzo di questa energia.

Durante la catastrofe di Chernobyl, alla guida del governo italiano, vi era da diversi anni, il primo governo Craxi (la cui ascesa fu favorita dalla stessa DC che era conscia del declino del suo partito), speculare a Berlusconi, che era al governo quando si verificò la catastrofe di Fukushima (i cui legami sincronici e non, con la figura di Craxi, abbiamo già testimoniato in passato).

Il primo referendum del 1987 contro il nucleare, fu fatto quando da diversi mesi era crollato il breve “secondo governo di Craxi”, a cui segui il governo più breve della storia della repubblica (il primo Fanfani della durata di 11 giorni) e poi il governo Goria (durante questo governo si fece il referendum). Giovanni Goria rimane il candidato più giovane ad essere divenuto presidente del consiglio, battendo anche l’attuale Enrico Letta. Anche nel 2012, quando si votò il secondo referendum contro il nucleare, Berlusconi non era più al governo, caduto l’11 novembre 2011 e seguito dal governo Monti, cui successivamente sarebbe seguito il governo Letta, il secondo presidente del consiglio più giovane della storia della Repubblica dopo Goria.


La catastrofe di Chernobyl portò le persone a divenire consapevoli del rischio ambientale e della necessità di preservare l’ecosistema. Non fu certo Chernobyl a creare il movimento ambientalista e a svilupparne la coscienza, ma fu un evento importante in quel processo che portò negli anni 90 alle prime vere ed ufficiali conferenze sull’ambiente e all’inizio della paura del “riscaldamento globale” e del “buco dell’ozono”. Chernobyl fu una delle tante micce che prepararono il campo al predominio dei temi ambientali e climatici e al forte successo in tutta Europa del partito dei Verdi, questo perché Chernobyl fu la prima catastrofe ambientale della storia post-moderna, ad interessare un intero continente, una popolazione di centinaia di milioni di persone, creando una vera e propria psicosi sulla contaminazione o meno dei cibi che si mangiavano. Sicuramente molti effetti di quella catastrofe ce li portiamo addosso tutt’oggi.

Se Chernobyl fu uno dei vari vasi di pandora che fecero emergere un maggior interesse sulla qualità dei cibi e sull’ecosistema, la catastrofe di Fukushima ha una valenza maggiormente economica e politica, certo anche Chernobyl fu una delle tante gocce (forse la peggiore prima del crollo del muro) che fece traboccare l’impero sovietico, ma ciò che è avvenuto in Giappone ha delegittimato a livello mondiale non solo la pericolosità dell’energia nucleare, ma anche la sua stessa esistenza. Se a fine anni 80 (anche per via di una guerra fredda agli sgoccioli ma comunque ancora non finita), era impossibile fare un discorso che delegittimasse l’energia nucleare (al massimo a livello nazionale come avvenne per l’Italia), nel nostro tempo maggiormente interconnesso, dove si discute e si cominciano ad utilizzare energie pulite, l’evento di Fukushima sta avendo un effetto domino in praticamente tutto il mondo (diverse nazioni hanno rinunciato al nucleare in prospettiva futura), ci vorrà un po’ di tempo, ma anche tenendo conto  il calendario Maya secondo Calleman, la nona onda si è aperta con una “fissione” nucleare, pochi giorni prima della catastrofe di Fukushima e si è chiusa il 28 ottobre con l’esperimento di “fusione” fredda di Rossi. Nuova energia pulita e senza limiti, un discorso speculare, ma anche molto più estremo di quello che iniziò a fine anni 80.

 Nel passato ho già discusso del forte legame della catastrofe della piattaforma petrolifera della BP (avvenuto in uno degli ecosistemi più delicati ed importanti del pianeta, il Golfo del Messico) con la catastrofe ambientale di Fukushima. Entrambe queste catastrofi hanno messo definitivamente in cattiva luce queste due energie (fossile-petrolifera e nucleare) che nel passato venivano date per scontate, necessarie ed anzi importanti nel processo di industrializzazione ed aumento del benessere materiale e dell’avanzamento tecnologico dell’umanità, i veri motori che mandano avanti la nostra società industriale.
Prima di queste due catastrofi, la maggiore attenzione ai temi ambientali, soprattutto a partire dagli anni 80/90, non ha mai discusso l’eliminazione totale di queste energie, ma un utilizzo meno massiccio, affiancato all’energia eolica e solare, che pur aumentando sensibilmente, non sono mai divenute una vera e propria alternativa alle energie non rinnovabili. Le due catastrofi del Golfo del Messico e di Fukushima, pur se ancora a livello sottile, non mostrano più il nucleare ed il petrolio come un male necessario, ma come un problema da estirpare, grazie ad un underground che ribolle di nuove invenzioni ed utilizzo di energie pulite.

Fu proprio dagli States che partì lo sfruttamento intensivo del petrolio, grazie alla famiglia Rockefeller che a metà ottocento praticamente fondò l’industria petrolifera moderna espandendola a livello mondiale. Anche una delle dinastie di potere più longeve nell’America, i Bush, non a caso sono a loro volta petrolieri. Ne risulta che questi eventi che minano, a livello simbolico, uno dei pilastri del potere americano ed uno dei maggiori casus belli delle varie guerre americane nel mondo (Iraq in primis) è un altro evento simbolicamente forte insieme a Fukushima. Chernobyl mise in discussione l’energia nucleare su cui si fondava l’equilibrio del terrore della guerra fredda; la catastrofe nucleare che tutti temevano dovesse scoppiare a causa dell’ostilità tra USA ed URSS avvenne alla fine, ma non in uno scenario di guerra, ma di scarsa manutenzione. Il disastro nucleare (anche se non come previsto da Hollywood) avvenne e la guerra fredda si potè dire conclusa.

La catastrofe nel golfo del Messico e Fukushima, mettono in discussione le energie su cui si fonda il nostro sistema economico e produttivo ed avvengono nei due paesi occidentali più ricchi e prosperosi.

Altra concordanza tra Usa e URSS è la guerra in Afghanistan.


Diversi imperi provarono ad invadere l’Afghanistan, tutti fallirono clamorosamente. L’impero britannico negli anni sessanta dell’ottocento mandò un contingente di 5000 soldati per colonizzare l’Afghanistan. Vi fu un solo sopravvissuto che fornì poi dettagli tali all'esercito britannico da sconsigliare ogni nuova spedizione dell'impero di sua maestà in quelle terre. Dopo quella terribile esperienza, l’impero sovietico dopo circa un secolo, fu l’unica potenza che ebbe il coraggio di ripetere l’impresa.L'occupazione sovietica dell'Afghanistan (il Vietnam sovietico ed un’altra delle gocce del vaso di pandora che fecero crollare il suo impero), durata dal 1979 al 1989, fu condotta con truppe di un numero cinque volte superiore all'attuale dotazione della coalizione occidentale NATO e senza i problemi di un'opinione pubblica spaventata per le perdite sul campo. Nonostante un'offensiva su larga scala durata cinque anni ('80-'85) e un numero incredibile di uomini utilizzati per stanare la guerriglia, i sovietici dovettero andar via dall’Afghanistan con la coda tra le gambe, aprendo all’islamizzazione di quella nazione, all’ascesa dei talebani e alla macchina di propaganda americana che li utilizzò come capro espiatorio nell’11 settembre, rei di proteggere il nemico numero uno degli USA, Osama Bin Laden. Anche qui forti legami tra invasione sovietica dell’Afghanistan, invasione americana, 11 settembre e Bin Laden.

Le concordanze non finiscono qui e sarebbe ancora più interessante sapere a chi spetterà il compito del nuovo Gorbachev. L’uomo con la macchia sulla testa ha qualche concordanza con “l’uomo colorato Obama”? Entrambi speranze per il mondo, poi disattese, ma che con l’accavallarsi di eventi e tempeste sono stati i protagonisti indiretti del crollo dei loro imperi? Gorbachev non è una figura poi così apprezzata in Russia e nonostante gli eventi di inizio anni 90, fu subito fatto fuori politicamente (in maniera violenta) da Eltsin, era comunque un uomo dell’estabilishment, non un rivoluzionario, come lo è anche Obama. Forse il nuovo Gorbachev deve ancora arrivare? L’evento sarà simbolicamente simile, ma nella forma diverso? Questo non si può sapere, ma sappiamo per certo che ogni impero giunge alla fine prima o poi e gli USA hanno già da un bel pezzo, fatto il loro tempo.


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